Rating: Giallo
Lunghezza: Long fic- 5 capitoli
Fandom/Sezione: Harry Potter
Genere: Sentimentale, Romantico, Triste, Death,
Avvertimenti: Bad Ending
Personaggi: OC -genitori di Dean Thomas-, Albus Silente, Fabian e Gideon Prewett
Coppie: Het
-Sei pensieroso.- disse Nelly, baciandolo, appena uscì dalla camera del bambino. Pensieroso, già. Troppi pensieri gli affollavano la mente e quella decisione presa forse troppo in fretta era un tarlo che gli rodeva cuore e cervello.
Nonostante i pronostici sfavorevoli, vivere a casa di Mama Lalin fu abbastanza semplice: chiuso in camera sua poteva usare la magia come voleva e la donna lo prese a lavorare in bottega, col compito di preparare le sue pozioni d’erbe. Come scoprì, Mama Lalin vendeva filtri d’erbe parecchio efficaci, nonostante fossero limitati dalla natura Babbana della donna e per il ragazzo fu una gioia tornare a lavorare con erbe e radici: certo, la matrona haitiana non aveva la stessa grande disponibilità di ingredienti che avrebbe potuto trovare nelle segrete di Hogwarts, ma scoprì tante cose che nemmeno immaginava sull’uso delle erbe, nozioni figlie di secoli di necessità che i Non-Maghi non potevano colmare con la magia. S’immerse anche nello studio della magia Babbana da grossi volumi manoscritti, che la sciamana aveva recuperato da ogni dove: erano interessanti e tanti concetti lì espressi erano simili ai fondamenti della magia che egli conosceva. Non solo: scoprì che la magia, per i Babbani, era entrare in contatto con la natura e i suoi spiriti, quelli che i maghi chiamavano creature magiche non umane, che venivano ritenuti vere emanazioni della Madre Terra -o Grande Madre- e che, quindi, detenevano il sapere puro della magia.
Spesso interrompeva la lettura, pensieroso: forse i Babbani comprendevano meglio dei maghi l’essenza della magia? Del resto, ben poco rimaneva loro dei primi della loro stirpe e più frequentava Mama Lalin, più era certo che la distinzione tra Babbani e Maghi non fosse così netta.
Un mese dopo il suo arrivo in casa Mathurin, ricevette un gufo dal Ministero: la sua richiesta era stata accettata, avrebbe iniziato il suo stage presso l’Ufficio per la Regolamentazione della Magia di lì a una settimana. Era pregato di presentarsi al Ministero il giorno seguente, per incontrare il suo nuovo datore di lavoro per il colloquio di rito. Rilesse la pergamena altre due volte, per sincerarsi che la sua vista non gli stesse tirando un brutto tiro, poi emise un verso di gioia.
-Eh, cos’è, una riserva di cinghiali?- chiese Nelly, entrando nel retrobottega. –Roy, mi serve la lozione per le emorroidi del signor Finch… ehm Roy?- la ragazza gli sventolò la mano davanti al volto.
-Sc-scusa, mi sono imbambolato… arriva subito. È che ho ricevuto una buona notizia.- le spiegò, mettendo via la lettera e travasando la lozione in un barattolino di vetro viola.
-Il posto di lavoro?- chiese la giovane, a cui aveva raccontato il minimo indispensabile e parecchio edulcorato.
-Sì, vogliono vedermi domani per un colloquio, ma il posto è mio. Inizio lunedì.- le sorrise, raggiante.
-Ma è fantastico!- esclamò Naëlle, abbracciandolo –Sono così felice per te, Roy! Oh, aspetta che lo sappia Mama Lalin! Dobbiamo festeggiare, assolutamente!
-Lo faremo… ecco la lozione, prima che il signor Finch si lamenti.- le disse, mettendole in mano il barattolino. La ragazza sorrise, uscendo, poi scostò le pesanti tende di velluto nero e gli disse –Noi dobbiamo proprio festeggiare.
La sera Mama Lalin –che si era assentata tutto il giorno per svolgere varie commissioni- si congratulò con lui, appena Nelly le parlò del colloquio. Gli pizzicò le guance con le dita grassocce, per poi baciargliele, in una specie di comica benedizione materna e stappò una bottiglia di vino. Quella sera uno dei ragazzi più grandi, Reginald, era andata a trovarla e i suoi tre figli, due bambini e una ragazzina particolarmente vivaci, stavano rallegrando l’aria. Sorrise, godendosi l’allegria, seduto in un angolo assieme a Elie e Reginald, mentre le ragazze, tranne Leehom, che era uscita, erano sedute al tavolo, chiacchierando con la moglie di Reg, una bellissima ragazza svedese, Ingrid.
Roy continuava a lanciare sguardi in direzione di Nelly e questo non sfuggì a Reginald.
-Bella, vero?
-Eh?- chiese il ragazzo, voltandosi verso l’uomo, che rise, nel vederlo così stralunato.
-Parlo di Nanou. È una gran bella ragazza, è normale che gli uomini non le stacchino gli occhi di dosso.- disse Reg, bevendo un sorso di birra.
-Ah… be’, sì è bella.- concordò, lanciandole un altro sguardo, che incrociò un’occhiata della giovane: Naëlle gli sorrise, prima di riprendere la conversazione con Ingrid.
-Amico, te lo do come consiglio: Nanou per me è come una sorella, capisci? La conosco da quando era un sordo di cacio e un fratello non ama vedere la propria sorella soffrire.- disse Elie.
-Dai Elie, smettila di spaventarlo. Roy, inviatala fuori, andate al cinema, portala a cena. Le piaci, è evidente.- disse Reg, dando l’ennesimo sorso alla bottiglia. Roy rimase in silenzio, riflettendo.
Massì, perché non invitarla ad uscire? In fondo era una bella ragazza e l’unica amica che avesse a Londra: da una lettera di Remus Lupin, stesso anno ma Grifondoro –mentre lui era stato Smistato a Corvonero- sapeva che Sirius Black e James Potter –due delle persone più gradasse e spaccone che conoscesse- assieme alla bella Lily Evans ormai in Potter e a Marlene McKinnon erano in città pure loro, ma non aveva mai avuto modo di incontrarli. Da quando aveva terminato la scuola, tre mesi prima, era rimasto isolato: non aveva accettato i contatti che suo padre, nei suoi rapporti di vassallaggio con famiglie Purosangue più potenti della sua, aveva racimolato, preferendo far di testa propria e cavarsela con le proprie forze e dei pochi amici che aveva avuto negli anni di Hogwarts, si scriveva regolarmente solo con Lupin, un ragazzo pacato e studioso, e i fratelli Prewett, Fabian, la testa calda della famiglia, suo coetaneo, e Gideon, un giovane a modo e dai larghi orizzonti che predicava, da che lo conosceva, l’uguaglianza tra Babbani e Maghi.
Si appuntò mentalmente di scrivergli una lettera per chiedergli un incontro: ormai era sempre più convinto che Gideon avesse ragione e doveva assolutamente parlarne con lui.
Lanciò l’ennesima occhiata a Nelly, sospirando. Sì, l’indomani le avrebbe chiesto di uscire.
Si era coricato presto e la mattina seguente era riposato alla perfezione. Riuscì ad impadronirsi del bagno prima di Perpétue, la prima in famiglia ad alzarsi e scese poi per fare colazione, stupendosi di trovare Nelly già in piedi: stava cucinando, sorseggiando una tazza di caffè.
-Ciao Roy, ben sveglio!- cinguettò la ragazza, continuando a spadellare.
-Ciao… che fai?
-Ti preparo la colazione, no? È il pasto più importate della giornata e oggi devi fare un figurone. Uh, bei boxer.- gli disse, ridendo. Solo in quel momento Roy si ricordò di essere in mutande e maglietta e avvampò.
-Oh, dai! Non mi scandalizzo per così poco! Vieni, accomodati.- sorrise la ragazza, mettendo in tavola un piatto pieno di pancetta, uova strapazzate e fagioli stufati, assieme ad una pila di toast e diversi barattoli di marmellata. Roy si sedette, facendole un mezzo sorriso e iniziando a mangiare.
-Senti Roy… ma che genere di lavoro sarà?- chiese Nelly, rigirando il suo caffè, una miscela tanto scura e forte da far accapponare la pelle al ragazzo col solo odore. L’aveva assaggiato solo una volta e aveva perso ogni sensibilità delle papille gustative per ore.
-Ah… be’, per ora si tratterà di fare da segretario e cose così.- rispose il mago, mantenendosi sul vago.
-Un lavoro palloso, insomma… cioè, nel senso, niente di mostruosamente avventuroso o importante. Non credo che mi piacerebbe una cosa così.- disse Naëlle, poi gli sorrise. –Okay, excuse-moi.
-Be’, in effetti messa così sembra la cosa più noiosa del mondo, ma ho sempre desiderato fare questo lavoro, fin da quando sono entrato in collegio.
-Collegio eh? Riccastro o borghesuccio con mire in alto?
-Direi famiglia media con mire decisamente in alto. Peccato che il loro unico rampollo, il sottoscritto, abbia deciso di fare di testa sua.- spiegò Roy.
-Uuuh, ribelle. Mi piace.- gli sussurrò Nell, lanciandogli un’occhiata maliziosa.
-Ribelle, insomma.- disse il ragazzo -Diciamo che volevo vivere la mia vita: mio padre ha avuto la sua a disposizione e l’ha sprecata rincorrendo la gloria e servendo diverse famiglie benestanti. Non è questo quello che desidero per me.- concluse, addentando una fetta di pane tostato spalmata di marmellata d’arance.
-Una cosa intelligente e giusta. E i tuoi non l’hanno presa bene.
-No.
-Non era una domanda. Da quando sei qua, mai una lettera, mai una telefonata. Tuo padre deve esserci rimasto male…- affermò Nelly.
-No, rimasto male proprio no.- ribatté Roy –Era piuttosto furibondo: ho rifiutato ciò che voleva per me, ergo i suoi desideri irrealizzati proiettati sul suo caro pargoletto e si è sentito tradito. Mamma, invece… fa tutto quello che vuole mio padre, ma so che soffre. Ovviamente Roger Logan senior- sì, il mio nome completo è Roger, Roy è solo un diminutivo- non se ne cura: prima o poi mia madre morirà di crepacuore.- concluse con amarezza. La ragazza gli prese la mano.
-Mi dispiace Roy, non ne avevo idea. Che genitori… quasi peggio dei miei… vabbè, non pensiamo a queste cose in un giorno tanto importante! Su, devi essere di buon umore e fare faville!
Era nervoso. Era stato nervoso mentre s’incamminava per Londra, nervoso quando aveva raggiungo l’ingresso per visitatori del Ministero, sempre più nervoso mentre prendeva l’ascensore, nervosissimo quando aveva letto la targa. “Barnaby MacIntosh, direttore Ufficio per l’Uso Improprio della Magia”
La segretaria del signor MacIntosh, una bella donna sulla cinquantina,lo fece entrare nella stanza, arredata con spartanità ma non senza eleganza.
Barnaby MacIntosh si alzò subito, andandogli incontro, stringendogli la mano e dandogli una pacca. Indossava una semplice veste da mago color mattone scuro, che s’intonava ai capelli bianco crema, tipici di chi in gioventù aveva posseduto una fluente chioma rossa, e piuttosto lunghi, ma curati; gli occhi verdi mandavano lampi di gioviale curiosità, ma il viso cotto dal troppo sole preso in gioventù e incavato dalle rughe profonde esprimeva autorità e compostezza.
-Lei deve essere Roger Logan! Si accomodi ragazzo, si accomodi. Mary? Potrebbe essere tanto cortese da portare un po’ di te? Grazie, non so proprio come farei senza di lei.- disse l’uomo, sorridendo alla segretaria che uscì. –Aaah, segretarie come Mary non ne fanno più, ragazzo mio. Efficienti, silenziose… forse troppo premurose. Ma veniamo a noi. Vede, caro ragazzo, le sue referenze sono ottime: famiglia Purosangue di sani principi, ottimi voti… Corvonero, oltretutto: “Un ingegno smisurato per un mago è dono grato”, no?- s’interruppe appena Mary ritornò nella stanza, portando con sé un vassoio stracolmo. Con un gesto della bacchetta questo planò sulla scrivania . –Può andare, signorina Osmond. Zucchero? Latte? Nemmeno un po’ di limone? Bene. Stavamo dicendo? Ah, sì, ottime credenziali. Come quelle di altre decine di preparati maghi e streghe. Ma, vede,è stato il precedente colloquio col mio assistente a farmi prendere davvero in considerazione la sua candidatura. C’era qualcosa, in lei… spero di non sbagliarmi. Da quanto tempo è a Londra?- disse poi, cambiando argomento.
-Un mese e tre giorni.- rispose Roy.
-E dove alloggia?
-In casa di amici.
-Oh, capisco. Di chi, se non sono indiscreto? Conosco, almeno di fama, tutte le famiglie magiche di un certo rango.- disse MacIntosh, squadrandolo. Perché Roy aveva l’impressione che quelle domande non fossero null’altro che un test? Dietro un’apparenza di cordiale interessamento, quali disegni si nascondevano?
Sorbì ancora un po’ di te prima di rispondere. –In verità, non è una famiglia di maghi. Sono Babbani.
-Babbani? E così vive in casa di Babbani? Incauto è la parola più calzante.
-Vi stupireste se vi dicessi quanto imparo presso di loro.- affermò il ragazzo, prima di mordersi la lingua. Come avrebbe potuto parlare ad un impiegato del Ministero di Mama Lalin o di Naëlle? Soprattutto della sua formosa padrona di casa.
-Un mago che afferma di imparare dai Babbani. E cosa, di grazia?- inquisì l’anziano.
-Forse certi Babbani si sono tramandati… conoscenze legate ai nostri avi e alla magia, ecco.- rispose, farfugliando. Oh, ma in che ginepraio si era cacciato, pensò con un sospiro.
MacIntosh sorrise e Roy non seppe come interpretarlo. C’era forse da preoccuparsi? –Oh, un ragazzo con un po’ di sale in zucca. Questa sì che mi mancava! E così ha scoperto che molti Babbani, in quelle che definiscono superstizioni, hanno conservato intatto lo spirito della magia primordiale, eh? Le mie congratulazioni, signor Logan. Ben pochi sono i maghi che pensando valga la pena studiare i nostri fratelli Non Maghi. Se escludiamo i Babbanologi, ma questi… come li definirebbero i Babbani?- chiese l’anziano direttore.
Pensando a Nelly, Roy rispose prontamente. –Hippy.
-Bene, questi hippy li studiano come se stessero facendo una ricerca su chissà quale stravagante moda. No, oltre alla cara signorina Burbage, i cui scritti ho avuto modo di apprezzare personalmente, ben pochi sono i maghi che comprendono i Babbani. Lei è uno di questi. Non mi deluda, signor Logan, sono certo che insieme faremo grandi cose. Può andare, a lunedì.- lo congedò, infine.
Roy si alzò e salutò cortesemente, ma la voce di Barnaby MacIntosh lo fermò prima che potesse uscire. –Ah, signor Logan. Fossi in lei scriverei a Gideon Prewett e a Silente. Sono suoi grandi fan, a quanto pare. Arrivederci.
Durante il viaggio a casa ripensò all’incontro con MacIntosh, ci ripensò, poi lo suddivise in sequenze, analizzò ogni frase, ogni singola sillaba, passò poi ai gesti ed infine alla mimica facciale. Arrivato davanti alla casa rosa era ragionevolmente certo di aver fatto… come diceva Elie? Ah, sì, bingo!
Appena sceso dal bus –la cui fermata era a cento metri da casa- si lasciò andare ad un urlo liberatorio: una bella donna indiana in sari con i tre pargoli accozzati alla gonna lo guardò come se fosse pazzo, prima di riconoscerlo. La signora, infatti, viveva nella casa affianco a quella di Mama Lalin col marito e i quattro figli: la maggiore, gli parve di ricordare, era in classe con Sidney.
Roy le sorrise, offrendosi di portarle le pesanti borse della spesa, lasciandole le mani libere per prendere in braccio la figlia più piccola, una bimbetta di due anni e mezzo, che trotterellava mano nella mano col fratello di cinque. La donna gli sorrise, riconoscente.
La scortò fino a casa e depositò i pacchi in cucina, mentre l’indiana si scusava di non aver nulla da offrirgli. Il ragazzo le disse che non importava e, dopo averla salutata e aver lasciato una carezza sulle testoline dei bambini, s’incamminò verso casa. Entrò in casa, dove, come sempre risuonava la musica e si spandeva l’odore del pranzo già alloggiato sul fuoco, incrociando Perpétue, che lo salutò di fretta: era carica di panni, che portava in due bacinelle, una sul capo e una sottobraccio. Si chiuse nel sottoscala, che ospitava la lavatrice, borbottando qualcosa.
Uscì sul retro, seguendo la voce di Nelly, che canticchiava: la ragazza stava ballando, mentre stendeva le lenzuola, che profumavano di sapone di Marsiglia. Aveva le mani ancora un po’ arrossate, segno che le aveva lavate a mano, visto che la lavatrice, ormai da pensionare, non riusciva a reggere un tale carico. Fece una piroetta, poi si sfilò una molletta di bocca e pinzò il tessuto bianco, prima di alzare lo sguardo e sorridergli.
-Ciao! Com’è andata?- gli chiese, correndo ad abbracciarlo.
-Benissimo. Direi che sono piaciuto al capo.
-Ma certo che gli sei piaciuto: sei troppo intelligente e ganzo per non piacere!- lo rimproverò Nell, imitando i toni e i modi di Mama Lalin. –Allora stasera si festeggia!
-Naaa, Nelly, lascia stare. Non ho mica scoperto il rimedio alla morte.- disse il ragazzo, arrossendo imbarazzato.
-Ed invece sì! Sei stato bravissimo, ne sono certa, quindi stasera usciamo. Fatti bello, che ti pranzeremo nel posto più esclusivo del mondo.- annunciò Naëlle, e, al suo sguardo perplesso, ricambiò con un largo sorriso. –Ovviamente Burger King! Scusa, ma questo mese ancora non mi hanno pagata.- disse, accennando al suo vero impiego –infatti, quello presso la madre adottiva era solo un lavoretto part-time.
Roy rise, per poi aiutarla a stendere.
Uscirono abbastanza presto, usando la metropolitana per spostarsi: la macchina era stata requisita da Perpétue e Mama Lalin, che avrebbero dovuto presenziare ad una riunione genitori-insegnanti alla scuola di Maïté e Leehom.
Roy non si lamentò: gli piacevano i mezzi di trasporto Babbani, dove il continuo ricambio di gente gli garantiva un’ampia veduta sul mondo Non-Magico. Quella sera incrociarono parecchi campanelli di tifosi del Liverpool, che si avviavano chiassosamente ai pub per seguire la partita della loro squadra del cuore. Fecero lo slalom tra i passanti, fino al Burger King. Fu una serata tranquilla, mangiarono e parlarono, ma entrambi ne furono contenti.
Roy trovava Nelly sempre più carina. Era una ragazza… bella, sì, ma di un bello particolare. I tratti africani erano estremamente marcati, il naso tipico della gente di colore, le labbra grosse sempre piegate in un sorriso che metteva in mostra i denti bianchi e gli zigomi alti. I capelli erano legati in mille treccine, a loro volta legate in una coda. Erano gli occhi il dettaglio che più lo colpivano: erano irragionevolmente grigi, invece che scuri come ci si sarebbe aspettati.
-Nelly, posso farti una domanda?- chiese il ragazzo, ad un certo punto della serata.
-Cosa?
-Come mai hai gli occhi grigi? Nel senso, da quello che ho capito i tuoi sono di colore come te.
-Mio padre è decisamente più scuro di me.- disse la ragazza, frugando nella borsa e tirandone fuori una foto sgualcita: una coppia malvestita lo fissava. La donna –giovanissima, tra l’altro, dato che non dimostrava più di sedici anni- fissava l’obbiettivo con un’espressione di stanco disappunto, i capelli legati in tre trecce. Era piuttosto bassa e rotondetta e teneva in braccio un bambino sui due anni, vestito altrettanto male, con una canottiera e dei pantaloni dall’aria sdrucita e un’aria da fame. La ragazza indossava un vestito a fiori, i cui colori gli sfuggivano essendo la foto in bianco e nero e non portava le scarpe, i piedi sporchi di terra posati sulla strada appena battuta e polverosa. L’uomo era decisamente più alto e pareva anche meglio nutrito: era imponente, anche se i muscoli erano resi flaccidi dalla scarsa alimentazione. Aveva gli stessi tratti della figlia e i capelli parevano una palla di lana d’acciaio –che Roy aveva visto una volta sola, tra le esperte mani di Elie. Grossi baffi spioventi coronavano il suo aspetto estremamente serioso, sottolineato dall’espressione gelida con cui guardava il fotografo. Indossava una camicia malandata e dei calzoni rammendati e, come la moglie, non portava le scarpe.
-I tuoi genitori?
-Toussaint e Prudence.- disse Naëlle, annuendo. –E uno dei mie fratelli, Enock. Gli occhi grigi li ho presi da mia madre, che li ha presi da suo padre, che li ha presi da sua madre che era figlia di un francese, a quello che ho capito.
-Okay, mi sono perso a madre.- ammise Roy, facendola ridere.
-Lo so, ho visto la faccia che hai fatto.- rise divertita Nelly.
-Ehm, Nell? Tu quanti fratelli hai detto di avere?
-Tredici. Con me quattordici. Credo. I miei hanno perso il conto… ed in effetti non sanno dove sia ameno la metà di loro.- concluse la ragazza haitiana, triste.
-E non ne conosci nessuno?
-Di persona, solo due. Enock, è passato di qua mentre andava in Francia. È finito in galera per possesso e spaccio di droga. E un’altra, Jessyka, eravamo nello stesso orfanatrofio. Vive in Canada –è stata adottata da una famiglia di Ottawa-, studia come medico. Ma oggi dobbiamo essere allegri, è la tua giornata.- esclamò poi, riprendendo il sorriso, che però sapeva d’amaro.
Roy scrollò il capo. –No, continua. Mi interessa.
-Quindi vuoi sapere tutto di me, ma rimani abbottonato sulla tua misteriosa vita? Non vale.
-Bene, cosa vuoi sapere?- disse il ragazzo, alzandosi assieme a Nelly e andando a svuotare il vassoio.
-Uhm… sei figlio unico?- la ragazza aprì la porta del fast food, uscendo nella tenue oscurità delle prime ore della sera di Londra.
-Sì, purtroppo per me. Penso che mia madre volesse altri figli, ma mio padre aveva il suo erede e tanto gli bastava. Poi si è pentito quando ha capito che non avevo intenzione di seguire il suo volere. “Roger, sei un disonore per la nostra famiglia!”- tuonò il ragazzo, imitando il tono del padre.
Nelly rise. –Oddio… immagino che scenata quando hai deciso di venire in città.
-Be’, se ci fossi venuto come desiderava lui, con i suoi obbiettivi… ma quando ho comunicato al mio caro signor padre che cosa volevo fare… ti dico che non so come mai non sia crollata la casa, tanto urlava.
-Però, dev’essere di voce potente.
-E tu? So che hai un lavoretto, ma non ne parli mai.
-Ah, quello… lavoro in un supermercato. Sai, metto via soldi per l’università… mi piacerebbe andarci, davvero. Ma… non dirlo a nessuno, un po’ di quei soldi di mando a mia sorella Mathania, a Rouen. Ha problemi col marito e i figli e mi dispiace per lei. Non ci conosciamo, però siamo sorelle, significherà qualcosa? Lei poi si occupa anche di Enock e di Maneeya, la mia sorellina più piccola.
-Ammirevole. Dico davvero.- sussurrò Roy. Un’improvvisa brezza fresca fece rabbrividire Naëlle e il ragazzo le cinse le spalle, stringendola a sé.
-Grazie. Così, come dicevo, lavoro. Posso permettermi un anno di pausa, ho solo vent’anni, no?
-E poi che farai?
-Uhm… vorrei studiare qualcosa di utile. Magari aprire un ospedale o una scuola nel Terzo Mondo… o una casa per gli orfani. Non è divertente dormire su un cartone, o mangiare tirando fuori gli scarafaggi dal piatto. Vengo da un paese del genere, il novantotto per cento della popolazione non sa leggere e scrivere, le donne muoiono di parto… io sono stata fortunata, Mama Lalin mi ha presa con sé, ma chissà che fine hanno fatto gli altri miei fratelli. A parte Enock, Mathani, Eliezier, Bronte e Maneeya, gli altri sono stati sparsi per vari orfanatrofi… voglio essere utile agli altri.- concluse la ragazza, alzando lo sguardo alla luna.