Fanmi: Capitolo V

Rating: Giallo
Lunghezza: Long fic- 5 capitoli
Fandom/Sezione: Harry Potter
Genere: Sentimentale, Romantico, Triste, Death,
Avvertimenti: Bad Ending
Personaggi: OC -genitori di Dean Thomas-, Albus Silente, Fabian e Gideon Prewett
Coppie: Het


 

La osservò dormire. Era così bella, non poteva credere di aver avuto tanta fortuna. Probabilmente Fabian l’avrebbe definita di aspetto normale, se non banale, ma sinceramente lui la trovava bellissima. Amava Nelly, amava il loro bambino. E lo faceva solo per loro.

 

Non gli era parso strano ricevere un messaggio da Gideon, dopotutto si tenevano sempre a stretto contatto: erano entrambi nell’Ordine della Fenice e il giovane Prewett era il suo referente per le ricerche sull’origine della magia.

Da quando al Ministero si era sparsa la voce sul contenuto del suo lavoro, che suggeriva la presenza, seppur latente, della magia in tutti gli esseri umani, indistintamente, mezzo mondo magico, se non proprio dargli la caccia, l’aveva ostracizzato. Ovviamente ai Mangiamorte i suoi scritti non erano andati giù e lo stesso Silente lo aveva messo in guardia, prima di nasconderlo in un villaggio fuori New Castle, assieme a Nelly, all’epoca incinta di poche settimane.

Aveva avuto paura, quel giorno in cui aveva tenuto una conferenza al Ministero, quando aveva incontrato gli occhi di ghiaccio di Lucius Malfoy e quelli di brace di Rodolphus Lestrange: vi aveva letto un odio infinito e una promessa di morte. Voldemort gli avrebbe dato la caccia.

Una parte di sé, quella più vigliacca e degna di suo padre, avrebbe volentieri bruciati i plichi di sudate pergamene e ritrattato il tutto, ma non sarebbe stato da lui.

Certo, non era un Grifondoro, ma forse, a maggior ragione, aveva avuto il coraggio di continuare le sue ricerche: la sua sete di conoscenza e l’amore per la verità erano stati più forti della paura. Se si fosse arreso, come avrebbe potuto guardare in faccia Nelly, o, peggio ancora, il bambino che aspettavano?! Un mago di certo.

Più le ricerche andavano avanti, più, davanti ai suoi occhi si delineava con chiarezza la magia. Tutti ne erano dotati, poiché la magia era qualcosa di naturalmente intrinseco nella vita: lo avevano compreso gli uomini delle caverne e le civiltà più antiche o retrograde, ma loro, così evoluti, avevano dimenticato. Avevano chiuso gli occhi davanti all’origine di quell’energia cosmica che li legava tutti, indistintamente: la magia non guardava né al sangue puro né al sangue misto, esisteva semplicemente. Nessuno era più degno di altri a detenerla, perché non era un oggetto, ma un’entità viva e pulsante. I Babbani, generalmente, non riuscivano a coglierla, se non in momenti di particolare sensibilità, come durante il raccoglimento religioso, anche se alcuni di loro, più sensibili ai mutamenti dell’energia, generalmente i bambini, avvertivano la sua esistenza. Poi c’erano loro, i maghi, che erano ancora più sensibili alla magia e che imparavano a piegarne una piccola parte alla propria volontà, soprattutto a seconda dell’inclinazione personale. I Maghinò gli sfuggivano ancora: potevano essere una via di mezzo tra i Babbani e i Maghi? Coloro che univano i due mondi?

Ma quando aveva aperto il biglietto di Gideon, aveva compreso che non aveva più molto tempo per comprendere.

“Roy, non so quanto tempo ci resti. I Mangiamorte sono troppo vicini, credo che presto io e Fabian andremo a far compagnia a Godric Grifondoro e, da quello che sappiamo, tu sei il prossimo sulla lista. Metti al sicuro Nelly e il bambino e la tua ricerca. Forse noi non potremo continuarla, ma un giorno qualcuno lo farà. Un giorno Voldemort cadrà e noi saremo liberi dai nostri paraocchi, grazie a te.

È stato bello esserti amico,

Gideon Prewett”

Era tutto finito. Nonostante fosse un uomo, aveva pianto. Forse non era un comportamento accettabile, ma non gli era riuscito altro.

Questo era il prezzo della verità? La morte? Era ciò che doveva pagare per aver cercato di restituire al mondo la consapevolezza? Ebbene, lo avrebbe accettato. Ma doveva salvare Nelly e il bambino.

Aveva riunito tutte le carte della sua ricerca in plichi ordinati e li aveva chiusi in un baule: erano stati Lupin e Black a venire a ritirarlo. Aveva lanciato un lungo sguardo penetrante all’amico licantropo.

-Remus, mi raccomando, fa attenzione, questi documenti sono importanti, un giorno potrebbero cambiare le cose.

Il ragazzo aveva annuito. –Lo so. Sei coraggioso Roy.

-Saresti stato un grande Grifondoro.- aveva affermato Sirius Balck, dandogli una pacca sulle spalle. –Ma non sei solo. Se venissi con noi, metteremmo al sicuro te e la tua famiglia.

Roy scrollò il capo. –No. Nelly non sa di noi, di me. Meno sa, più sarà al sicuro. Comunque grazie, ragazzi. Salutatemi Lily e fatele gli auguri per il bambino.

Quando i due ragazzi lo avevano salutato, le loro parole suonarono come un elogio funebre.

Aveva finto che tutto andasse bene, aveva finto con Nelly, la sua Nelly. Quanti segreti, tra di loro! Non era mai riuscito a dirle di essere un mago e, dopotutto, era stato un bene. Ella poteva vivere, poteva salvarsi, proprio perché aveva tradito la sua fiducia e le aveva mentito. Il loro bambino poteva crescere, diventare grande, perché suo padre era stato troppo vigliacco per dire la verità a sua madre, timoroso di perderla.

Quelle menzogne li avrebbero salvati, lo sapeva bene, mentre congegnava il suo piano. Il bambino non gli assomigliava abbastanza da essere in pericolo immediato. Sorrise, immaginandolo mentre saliva sull’Espresso di Hogwarts proprio sotto gli occhi dei Mangiamorte, che avrebbero ignorato di chi era figlio. Erano al sicuro ed egli poteva fare ciò che si era prefissato.

Strinse l’articolo di giornale che parlava della misteriosa scomparsa di Gideon e Fabian Prewett, su cui James Potter aveva scritto “Mangiamorte”. Era il prossimo.

 

Nelly dormiva ancora, quando si alzò. Respirò a fondo, costringendosi a rimanere calmo e prese la valigia abilmente nascosta la sera prima. La sua Naëlle non avrebbe mai dovuto capire. Meglio che lo odiasse, pensando che avesse un’altra o che non avesse retto al peso della paternità, che lasciarla in mano ai Mangiamorte. E ancora si costrinse a non baciarla per l’ultima volta. Uscì dalla loro camera ed entrò in quella del figlio. Dean dormiva ancora, sereno e ignaro di cosa stava facendo suo padre. Lo osservò dormire, si fissò la sua figuretta nella mente.

-Mi dispiace Dean. Sappi che papà ti vuole bene, piccolo. Devi essere forte e protegge tu la mamma, perché io non posso più farlo.

Scese le scale, senza guardarsi attorno e si chiuse alle spalle la porta, senza guardarsi indietro.

 

 

 

*****

 

 

La porta venne brutalmente abbattuta da un incantesimo e le figure ammantate di nero entrarono nella casa spartana. Ridevano sguaiatamente, come bestie assetate di sangue e gli si disposero attorno.

Uno di loro parlò.

-Allora, Logan, come la mettiamo, eh? Dove sono i tuoi amici Babbani? E Silente, eh?

-Malfoy, anche per me è un piacere vederti.- disse Roy, stanco. Aveva sempre odiato quell’uomo e i suoi modi di fare, che rivelavano una gran codardia dietro a tutta quella boria.

-Guardati, sporco traditore del tuo sangue! Farai la fine che meriti, lurido amico del Babbani.- sibilò un’altra figura incappucciata.

-Oh, Bellatrix, ci sei pure tu? Che onore.

Roy chiuse gli occhi, pensando a Nelly e a suo figlio. Dietro le palpebre vide un guizzo verde e poi il mondo divenne nero.

 

 Terza Classificata al “Due mondi, due amori” contes di Santa Vio da Petralcina e vincitrice del premio Miglior Coppia

Fanmi: Capitolo IV

Rating: Giallo
Lunghezza: Long fic- 5 capitoli
Fandom/Sezione: Harry Potter
Genere: Sentimentale, Romantico, Triste, Death,
Avvertimenti: Bad Ending
Personaggi: OC -genitori di Dean Thomas-, Albus Silente, Fabian e Gideon Prewett
Coppie: Het


 

Roy la strinse a sé, stampandosi l’immagine del suo viso a fuoco nella mente. Voleva ricordare ogni singolo tratto di quel volto tanto amato, voleva impararlo a memoria, perché nulla potesse mai cancellarlo.

-Roy, sei strano, cos’hai?

 

Era sicuro di averci visto bene. Era tornato a casa tardi, quella sera, dopo aver fatto degli straordinari –gli ennesimi, quella settimana- per un caso di uso improprio della magia: un mago aveva affatturato un’intera famiglia Babbana, causando la morte del figlio di dodici anni.

Gli Auror erano a lavoro, per capire se il caso fosse legato direttamente a Tu-Sai-Chi, ma ne dubitavano seriamente: probabilmente dietro all’atto di follia si nascondeva la stessa ideologia di Voldemort, ma il mago non pareva essere collegato ai Mangiamorte.

Nel frattempo però Roy aveva dovuto sbrigare pratiche su pratiche, tracannando un numero non indifferente di tazze di caffè. E purtroppo i risultati si vedevano: uscito da lavoro si sentiva iperattivo e allo stesso tempo depresso ed era sicuro che il cuore gli battesse da pazzi.

Maledizione, e sì che voleva passare a trovare Mama Lalin e Nelly, ma in quelle condizioni non poteva certo farlo. Erano ormai tre mesi da che si era trasferito nella casa nuova, un monolocale nella Londra Babbana vicino al Ministero, deciso ad avere un minimo di privacy che era fondamentale portandosi spesso il lavoro a casa. Alla giunonica donna era dispiaciuto, così come a tutta la sua numerosa prole adottiva, incrementata dall’arrivo di un bambino nuovo, Alix, un monello di due anni fin troppo allegro e chiassoso.  Nelly però sembrava averla presa peggio di tutti e per un paio di giorni era sparita da casa, per tornare solo dopo il suo trasloco.

Ma senza divagare, si disse il ragazzo, aguzzando la vista. No, era certissimo di averci visto bene, ed infatti Fabian e Gideon Prewett gli vennero incontro, due larghi sorrisi malandrini dipinti in volto.

-Hey Roggy, da quanto tempo!- esclamò Fabian, dandogli una pacca sulla spalla tale da fargli tremare le

gambe. Era come se lo ricordava: troppo espansivo.

-Fabian, maledizione! Non sono fatto di acciaio inossidabile!- esclamò il ragazzo, massaggiandosi la parte offesa: per contro, il maggiore del fratelli Prewett scoppiò a ridere.

Gideon gli lanciò un’occhiataccia, prima di salutare a sua volta l’amico. –Roy, era un pezzo che non ci vedevamo! Come va? Divertente lavorare al Ministero?- chiese il giovane uomo, spostando una ciocca di capelli rossi da davanti gli occhi.

-Se si esclude l’ultimo periodo, sì. Ma non fermiamoci qua… all’angolo c’è un pub… è un po’ piccolino e dimesso ma fa ottimi prezzi per ottima birra. Vi va?

I due fratelli accettarono e si diressero al locale, che, come anticipato da Roy, era formato da una stanza piuttosto piccola, con un bancone, qualche tavolo e sedia dall’aria vissuta, alcuni incisi dagli avventori che per anni si erano susseguiti e una vecchia tv che trasmetteva partite di calcio o di rugby, a seconda del giorno. Alle parete erano appese vecchie stampe dell’Irlanda e di Dublino, teste di animali impagliati, drappi e coccarde impolverate, che nessuno degli avventori –parecchi, oltretutto, attirati dalla buona birra e dai prezzi modici- guardava più. Era caratteristico, con quella sua aria dimessa e retrò, lo scricchiolare delle assi del parquet e l’odore di alcolici, lucido per legno e zuppa del giorno.

I fratelli Prewett si accomodarono ad un tavolino abbastanza in disparte, nell’angolo più buio e fumoso del locale, mentre Roy andava a prendere da bere. Il ragazzo tornò pochi minuti dopo, con tre pinte di birra in mano.

-Promettono bene.- esclamò Fabian, arraffando il suo boccale e tracannando il liquido. Si bloccò dopo il primo sorso. –Ma quanto è forte?!

-Fab, questa è birra Babbana, non Burrobirra.- gli disse pazientemente Gideon. Sollevò il bicchiere, osservando attentamente la birra scura e la schiuma bianca, dall’aria compatta. –Che tipo di birra è, Roy?

-Una stout. Gideon, è un po’ amarognola, stacci attento.- disse il ragazzo moro, sorridendo e bevendo un sorso.

Il minore dei fratelli Prewett bevve, chiudendo gli occhi ed assumendo un’espressione pensierosa. –Il sapore ricorda il caffè… anche se l’alcool si sente.

-Gideon, tu non reggi nemmeno la Burrobirra, che è alcolica quanto l’acqua, figurarsi questa birra.- lo prese in giro il fratello.

-Stavo dicendo…- continuò imperterrito Gideon -… ingegnosi i Babbani.

-Sempre il solito amante dei Babbani, eh Gideon?- sorrise Roy da dietro il suo boccale.

-Ovviamente. Sai come la penso: sono uguali a noi.- rispose il giovane uomo, abbassando la voce e guardandosi attorno –E tu dovresti saperlo bene, Roy. Ho saputo che vivi presso alcuni di loro.

-Vivevo, Gideon. Ho preferito prendermi un monolocale, sempre nella Londra Babbana: portandomi il lavoro a casa, rischiavo che qualcuno mi scoprisse.- spiegò il giovane, ripensando a Nelly e Mama Lalin.

-Capisco… però mi piacerebbe sentire la tua opinione in merito ai Babbani: li conosci bene, di certo meglio di molti maghi Purosangue. E visto che rappresentiamo, ancora per poco, la maggioranza di coloro che esprime le proprie opinioni al Ministro della Magia… puoi ben capire che se continuassimo a farci guidare da gente come i Lestrange o i Malfoy, vivere in pace con Babbani e Nati Babbani sarebbe impossibile.

Roy rimase in silenzio. Sì, effettivamente egli la pensava come il suo amico, ma non riusciva a capire dove il rosso volesse andare a parare.

-Gideon, sai che sei odioso, quando parti con tutti questi giri di parole? Dì a Roger che vuoi e falla finita.

-Bene, arrivo al dunque:  voglio che tu, Roy, scriva delle relazioni sull’iterazione tra Babbani e magia. So che hai alloggiato presso Mama Lalin… da quello che si mormora in certi ambienti, certi Babbani sono particolarmente sensibili alla magia e Mrs. Mathurin  pare essere una di questi.

-Quindi che dovrei fare? Spiarla e riferire al Ministero?

Gideon sorrise. –Certo che no. Riferirai a Silente e a me, se vorrai unirti al nostro progetto. Vogliamo dimostrare che non esistono sostanziali differenze tra noi e i Babbani: magari convincere i nostri genitori sarà difficile, ma le nuove generazioni possono crescere senza pregiudizi e questo è il mio fine. Ci stai Roy? Questo è l’unico modo per combattere Voldemort: distruggere dalle fondamenta il suo credo.

Il ragazzo rabbrividì, prima di annuire.

 

Roy posò la piuma, massaggiandosi le tempie. Da quasi tre mesi lavorava per l’Ordine della Fenice e più passava il tempo, più gli pareva dovesse impazzire.

Prima di tutto, ora più che mai viveva nella costante consapevolezza che da un momento all’altro un Mangiamorte avrebbe potuto presentarsi alla sua porta. In secondo luogo, non faceva altro che lavorare: alzarsi presto la mattina, recarsi al Ministero e svolgere con dedizione il suo lavoro –secondo MacIntosh in capo ad un paio d’anni avrebbe potuto ottenere facilmente una promozione, tanto era il suo zelo e la sua meticolosità-, poi tornava a casa e, dopo una parca cena, di solito consistente in un panino, leggeva i pesanti tomi che Silente si era premurato di fargli recapitare, stendendo poi lunghissime relazioni. A volte, durante i giorni di vacanza, partiva per località più o meno conosciute del Regno Unito, alla ricerca di Babbani particolari, persone che avevano fama di essere maghi, streghe, medium o sciamani, al fine di scoprire se le dicerie fossero vere: nonostante frequenti i casi di truffe, alcuni di loro dimostravano davvero una certa inclinazione alla magia. Anche se parevano non essere in grado di fare incantesimi, riuscivano a percepirla: come guidati da qualche istinto naturale, sapeva riconoscere piante speciali, di quelle che Olivander usava per fabbricare le bacchette. Avvertivano la presenza di creature magiche, anche se spesso queste non si lasciavano vedere, eppure accadeva che qualche Babbano non solo riuscisse a scorgerle, ma che addirittura parlasse con loro, come se fosse del tutto naturale –questo lo notò soprattutto nei bambini.

Roy smise di mangiucchiare la biro –che straordinaria invenzione Babbana!- e riprese a scrivere.

“… come stavo dicendo, anche la mia ultima spedizione in Scozia ha dato buoni risultati.

Due bambini Babbani, Kaylee Hudson e Colin Fraser, di dieci e undici anni, dimostrano di percepire la magia. Come tutti gli altri Babbani speciali già visti, mi hanno riconosciuto subito come mago. Mi hanno seguito per una passeggiata nella brughiera, dove hanno riconosciuto un gatto nero per ciò che era in realtà: uno kneazle. Ovviamente lo hanno definito un gatto magico (Kaylee) e un gatto che non è un gatto (Colin).

Purtroppo devo anche informarvi della morte di Maria Summers, di New Castle, morta in circostante misteriose la passata settimana. Sospetto che sia stata opera di un Mangiamorte… può essere che stiano seguendo le nostre stesse piste? Che Voldemort sia venuto a conoscenza dell’esistenza di questi Babbani e abbia ordinato di farli sparire? Egregio signor Silente, mi sento solo di consigliarle di far nascondere dall’Ordine almeno i bambini… ma mi rendo conto che per farlo dovremmo violare lo Statuto sulla Segretezza. Che ginepraio.

Attendo, come sempre, ordini su come procedere.

Distinti saluti,

Roger Maximilian Logan”

Appena appose la sua firma, qualcuno suonò al campanello. Nascose la lettera, assieme ad alcuni tomi dai titoli fin troppo espliciti, sotto al letto.

-Arrivo!-disse, infilando la chiave nella toppa e aprendo la porta. Nelly era davanti a lui.

-Buonasera Roy.- sorrise la ragazza.

-Nell… che ci fai qua?

-Non sei contento di vedermi?- chiese l’haitiana, seria.

-Nono, certo che sono contento! Cioè, intendevo… non dovresti essere a casa?! Cioè…- balbettò Roy. Aveva rischiato di offenderla, ed era l’ultima cosa che desiderava. In quei mesi l’aveva vista pochissimo, troppo preso dal lavoro e non sapeva quanto le fosse mancata. Il ragazzo ignorava che anche Naëlle aveva provato nostalgia nei suoi confronti, chiusa in sé stessa. Roy era stato qualcosa di particolare, nella sua vita: non un colpo di fulmine da film sdolcinato, ma qualcosa di magnetico e particolare. Lo avvertiva con tutta sé stessa, quella strana aura di mistero, come se il Roger che conoscesse lei non fosse che una minima parte di quel ragazzo taciturno e intelligente.

-Ero solo venuta a vedere come stavi.- gli sorrise, in imbarazzo. Dio, ma perché si sentiva così? Aveva deciso da sola di andare a trovarlo, e ora rimpiangeva di non essere stata bloccata da Elie, magari per una partita a basket al campetto poco lontano da casa. Non sapeva che dire e si torceva le mani.

-Ti va di entrare?- chiese Roy. Nelly sorrise.

Fanmi: Capitolo III

Rating: Giallo

Lunghezza: Long fic- 5 capitoli
Fandom/Sezione: Harry Potter
Genere: Sentimentale, Romantico, Triste, Death,
Avvertimenti: Bad Ending
Personaggi: OC -genitori di Dean Thomas-, Albus Silente, Fabian e Gideon Prewett
Coppie: Het


 

-Sei pensieroso.- disse Nelly, baciandolo, appena uscì dalla camera del bambino. Pensieroso, già. Troppi pensieri gli affollavano la mente e quella decisione presa forse troppo in fretta era un tarlo che gli rodeva cuore e cervello.

 

Nonostante i pronostici sfavorevoli, vivere a casa di Mama Lalin fu abbastanza semplice: chiuso in camera sua poteva usare la magia come voleva e la donna lo prese a lavorare in bottega, col compito di preparare le sue pozioni d’erbe. Come scoprì, Mama Lalin vendeva filtri d’erbe parecchio efficaci, nonostante fossero limitati dalla natura Babbana della donna e per il ragazzo fu una gioia tornare a lavorare con erbe e radici: certo, la matrona haitiana non aveva la stessa grande disponibilità di ingredienti che avrebbe potuto trovare nelle segrete di Hogwarts, ma scoprì tante cose che nemmeno immaginava sull’uso delle erbe, nozioni figlie di secoli di necessità che i Non-Maghi non potevano colmare con la magia. S’immerse anche nello studio della magia Babbana da grossi volumi manoscritti, che la sciamana aveva recuperato da ogni dove: erano interessanti e tanti concetti lì espressi erano simili ai fondamenti della magia che egli conosceva. Non solo: scoprì che la magia, per i Babbani, era entrare in contatto con la natura e i suoi spiriti, quelli che i maghi chiamavano creature magiche non umane, che venivano ritenuti vere emanazioni della Madre Terra -o Grande Madre- e che, quindi, detenevano il sapere puro della magia.

Spesso interrompeva la lettura, pensieroso: forse i Babbani comprendevano meglio dei maghi l’essenza della magia? Del resto, ben poco rimaneva loro dei primi della loro stirpe e più frequentava Mama Lalin, più era certo che la distinzione tra Babbani e Maghi non fosse così netta.

Un mese dopo il suo arrivo in casa Mathurin, ricevette un gufo dal Ministero: la sua richiesta era stata accettata, avrebbe iniziato il suo stage presso l’Ufficio per la Regolamentazione della Magia di lì a una settimana. Era pregato di presentarsi al Ministero il giorno seguente, per incontrare il suo nuovo datore di lavoro per il colloquio di rito. Rilesse la pergamena altre due volte, per sincerarsi che la sua vista non gli stesse tirando un brutto tiro, poi emise un verso di gioia.

-Eh, cos’è, una riserva di cinghiali?- chiese Nelly, entrando nel retrobottega. –Roy, mi serve la lozione per le emorroidi del signor Finch… ehm Roy?- la ragazza gli sventolò la mano davanti al volto.

-Sc-scusa, mi sono imbambolato… arriva subito. È che ho ricevuto una buona notizia.- le spiegò, mettendo via la lettera e travasando la lozione in un barattolino di vetro viola.

-Il posto di lavoro?- chiese la giovane, a cui aveva raccontato il minimo indispensabile e parecchio edulcorato.

-Sì, vogliono vedermi domani per un colloquio, ma il posto è mio. Inizio lunedì.- le sorrise, raggiante.

-Ma è fantastico!- esclamò Naëlle, abbracciandolo –Sono così felice per te, Roy! Oh, aspetta che lo sappia Mama Lalin! Dobbiamo festeggiare, assolutamente!

-Lo faremo… ecco la lozione, prima che il signor Finch si lamenti.- le disse, mettendole in mano il barattolino. La ragazza sorrise, uscendo, poi scostò le pesanti tende di velluto nero e gli disse –Noi dobbiamo proprio festeggiare.

 

La sera Mama Lalin –che si era assentata tutto il giorno per svolgere varie commissioni- si congratulò con lui, appena Nelly le parlò del colloquio. Gli pizzicò le guance con le dita grassocce, per poi baciargliele, in una specie di comica benedizione materna e stappò una bottiglia di vino. Quella sera uno dei ragazzi più grandi, Reginald, era andata a trovarla e i suoi tre figli, due bambini e una ragazzina particolarmente vivaci, stavano rallegrando l’aria. Sorrise, godendosi l’allegria, seduto in un angolo assieme a Elie e Reginald, mentre le ragazze, tranne Leehom, che era uscita, erano sedute al tavolo, chiacchierando con la moglie di Reg, una bellissima ragazza svedese, Ingrid.

Roy continuava a lanciare sguardi in direzione di Nelly e questo non sfuggì a Reginald.

-Bella, vero?

-Eh?- chiese il ragazzo, voltandosi verso l’uomo, che rise, nel vederlo così stralunato.

-Parlo di Nanou. È una gran bella ragazza, è normale che gli uomini non le stacchino gli occhi di dosso.- disse Reg, bevendo un sorso di birra.

-Ah… be’, sì è bella.- concordò, lanciandole un altro sguardo, che incrociò un’occhiata della giovane: Naëlle gli sorrise, prima di riprendere la conversazione con Ingrid.

-Amico, te lo do come consiglio: Nanou per me è come una sorella, capisci? La conosco da quando era un sordo di cacio e un fratello non ama vedere la propria sorella soffrire.- disse Elie.

-Dai Elie, smettila di spaventarlo. Roy, inviatala fuori, andate al cinema, portala a cena. Le piaci, è evidente.- disse Reg, dando l’ennesimo sorso alla bottiglia. Roy rimase in silenzio, riflettendo.

Massì, perché non invitarla ad uscire? In fondo era una bella ragazza e l’unica amica che avesse a Londra: da una lettera di Remus Lupin, stesso anno ma Grifondoro –mentre lui era stato Smistato a Corvonero- sapeva che Sirius Black e James Potter –due delle persone più gradasse e spaccone che conoscesse- assieme alla bella Lily Evans ormai in Potter e a Marlene McKinnon erano in città pure loro, ma non aveva mai avuto modo di incontrarli. Da quando aveva terminato la scuola, tre mesi prima, era rimasto isolato: non aveva accettato i contatti che suo padre, nei suoi rapporti di vassallaggio con famiglie Purosangue più potenti della sua, aveva racimolato, preferendo far di testa propria e cavarsela con le proprie forze e dei pochi amici che aveva avuto negli anni di Hogwarts, si scriveva regolarmente solo con Lupin, un ragazzo pacato e studioso, e i fratelli Prewett, Fabian, la testa calda della famiglia, suo coetaneo, e Gideon, un giovane a modo e dai larghi orizzonti che predicava, da che lo conosceva, l’uguaglianza tra Babbani e Maghi.

Si appuntò mentalmente di scrivergli una lettera per chiedergli un incontro: ormai era sempre più convinto che Gideon avesse ragione e doveva assolutamente parlarne con lui.

Lanciò l’ennesima occhiata a Nelly, sospirando. Sì, l’indomani le avrebbe chiesto di uscire.

 

Si era coricato presto e la mattina seguente era riposato alla perfezione. Riuscì ad impadronirsi del bagno prima di Perpétue, la prima in famiglia ad alzarsi e scese poi per fare colazione, stupendosi di trovare Nelly già in piedi: stava cucinando, sorseggiando una tazza di caffè.

-Ciao Roy, ben sveglio!- cinguettò la ragazza, continuando a spadellare.

-Ciao… che fai?

-Ti preparo la colazione, no? È il pasto più importate della giornata e oggi devi fare un figurone. Uh, bei boxer.- gli disse, ridendo. Solo in quel momento Roy si ricordò di essere in mutande e maglietta e avvampò.

-Oh, dai! Non mi scandalizzo per così poco! Vieni, accomodati.- sorrise la ragazza, mettendo in tavola un piatto pieno di pancetta, uova strapazzate e fagioli stufati, assieme ad una pila di toast e diversi barattoli di marmellata. Roy si sedette, facendole un mezzo sorriso e iniziando a mangiare.

-Senti Roy… ma che genere di lavoro sarà?- chiese Nelly, rigirando il suo caffè, una miscela tanto scura e forte da far accapponare la pelle al ragazzo col solo odore. L’aveva assaggiato solo una volta e aveva perso ogni sensibilità delle papille gustative per ore.

-Ah… be’, per ora si tratterà di fare da segretario e cose così.- rispose il mago, mantenendosi sul vago.

-Un lavoro palloso, insomma… cioè, nel senso, niente di mostruosamente avventuroso o importante. Non credo che mi piacerebbe una cosa così.- disse Naëlle, poi gli sorrise. –Okay, excuse-moi.

-Be’, in effetti messa così sembra la cosa più noiosa del mondo, ma ho sempre desiderato fare questo lavoro, fin da quando sono entrato in collegio.

-Collegio eh? Riccastro o borghesuccio con mire in alto?

-Direi famiglia media con mire decisamente in alto. Peccato che il loro unico rampollo, il sottoscritto, abbia deciso di fare di testa sua.- spiegò Roy.

-Uuuh, ribelle. Mi piace.- gli sussurrò Nell, lanciandogli un’occhiata maliziosa.

-Ribelle, insomma.- disse il ragazzo -Diciamo che volevo vivere la mia vita: mio padre ha avuto la sua a disposizione e l’ha sprecata rincorrendo la gloria e servendo diverse famiglie benestanti. Non è questo quello che desidero per me.- concluse, addentando una fetta di pane tostato spalmata di marmellata d’arance.

-Una cosa intelligente e giusta. E i tuoi non l’hanno presa bene.

-No.

-Non era una domanda. Da quando sei qua, mai una lettera, mai una telefonata. Tuo padre deve esserci rimasto male…- affermò Nelly.

-No, rimasto male proprio no.- ribatté Roy –Era piuttosto furibondo: ho rifiutato ciò che voleva per me, ergo i suoi desideri irrealizzati proiettati sul suo caro pargoletto e si è sentito tradito. Mamma, invece… fa tutto quello che vuole mio padre, ma so che soffre. Ovviamente Roger Logan senior- sì, il mio nome completo è Roger, Roy è solo un diminutivo- non se ne cura: prima o poi mia madre morirà di crepacuore.- concluse con amarezza. La ragazza gli prese la mano.

-Mi dispiace Roy, non ne avevo idea. Che genitori… quasi peggio dei miei… vabbè, non pensiamo a queste cose in un giorno tanto importante! Su, devi essere di buon umore e fare faville!

 

Era nervoso. Era stato nervoso mentre s’incamminava per Londra, nervoso quando aveva raggiungo l’ingresso per visitatori del Ministero, sempre più nervoso mentre prendeva l’ascensore, nervosissimo quando aveva letto la targa. “Barnaby MacIntosh, direttore Ufficio per l’Uso Improprio della Magia”

La segretaria del signor MacIntosh, una bella donna sulla cinquantina,lo fece entrare nella stanza, arredata con spartanità ma non senza eleganza.

Barnaby MacIntosh si alzò subito, andandogli incontro, stringendogli la mano e dandogli una pacca. Indossava una semplice veste da mago color mattone scuro, che s’intonava ai capelli bianco crema, tipici di chi in gioventù aveva posseduto una fluente chioma rossa, e piuttosto lunghi, ma curati; gli occhi verdi mandavano lampi di gioviale curiosità, ma il viso cotto dal troppo sole preso in gioventù e incavato dalle rughe profonde esprimeva autorità e compostezza.

-Lei deve essere Roger Logan! Si accomodi ragazzo, si accomodi. Mary? Potrebbe essere tanto cortese da portare un po’ di te? Grazie, non so proprio come farei senza di lei.- disse l’uomo, sorridendo alla segretaria che uscì. –Aaah, segretarie come Mary non ne fanno più, ragazzo mio. Efficienti, silenziose… forse troppo premurose. Ma veniamo a noi. Vede, caro ragazzo, le sue referenze sono ottime: famiglia Purosangue di sani principi, ottimi voti… Corvonero, oltretutto: “Un ingegno smisurato per un mago è dono grato”, no?- s’interruppe appena Mary ritornò nella stanza, portando con sé un vassoio stracolmo. Con un gesto della bacchetta questo planò sulla scrivania . –Può andare, signorina Osmond. Zucchero? Latte? Nemmeno un po’ di limone? Bene. Stavamo dicendo? Ah, sì, ottime credenziali. Come quelle di altre decine di preparati maghi e streghe. Ma, vede,è stato il precedente colloquio col mio assistente a farmi prendere davvero in considerazione la sua candidatura. C’era qualcosa, in lei… spero di non sbagliarmi. Da quanto tempo è a Londra?- disse poi, cambiando argomento.

-Un mese e tre giorni.- rispose Roy.

-E dove alloggia?

-In casa di amici.

-Oh, capisco. Di chi, se non sono indiscreto? Conosco, almeno di fama, tutte le famiglie magiche di un certo rango.- disse MacIntosh, squadrandolo. Perché Roy aveva l’impressione che quelle domande non fossero null’altro che un test? Dietro un’apparenza di cordiale interessamento, quali disegni si nascondevano?

Sorbì ancora un po’ di te prima di rispondere. –In verità, non è una famiglia di maghi. Sono Babbani.

-Babbani? E così vive in casa di Babbani? Incauto è la parola più calzante.

-Vi stupireste se vi dicessi quanto imparo presso di loro.- affermò il ragazzo, prima di mordersi la lingua. Come avrebbe potuto parlare ad un impiegato del Ministero di Mama Lalin o di Naëlle? Soprattutto della sua formosa padrona di casa.

-Un mago che afferma di imparare dai Babbani. E cosa, di grazia?- inquisì l’anziano.

-Forse certi Babbani si sono tramandati… conoscenze legate ai nostri avi e alla magia, ecco.- rispose, farfugliando. Oh, ma in che ginepraio si era cacciato, pensò con un sospiro.

MacIntosh sorrise e Roy non seppe come interpretarlo. C’era forse da preoccuparsi? –Oh, un ragazzo con un po’ di sale in zucca. Questa sì che mi mancava! E così ha scoperto che molti Babbani, in quelle che definiscono superstizioni, hanno conservato intatto lo spirito della magia primordiale, eh? Le mie congratulazioni, signor Logan. Ben pochi sono i maghi che pensando valga la pena studiare i nostri fratelli Non Maghi. Se escludiamo i Babbanologi, ma questi… come li definirebbero i Babbani?- chiese l’anziano direttore.

Pensando a Nelly, Roy rispose prontamente. –Hippy.

-Bene, questi hippy li studiano come se stessero facendo una ricerca su chissà quale stravagante moda. No, oltre alla cara signorina Burbage, i cui scritti ho avuto modo di apprezzare personalmente, ben pochi sono i maghi che comprendono i Babbani. Lei è uno di questi. Non mi deluda, signor Logan, sono certo che insieme faremo grandi cose. Può andare, a lunedì.- lo congedò, infine.

Roy si alzò e salutò cortesemente, ma la voce di Barnaby MacIntosh lo fermò prima che potesse uscire. –Ah, signor Logan. Fossi in lei scriverei a Gideon Prewett e a Silente. Sono suoi grandi fan, a quanto pare. Arrivederci.

 

Durante il viaggio a casa ripensò all’incontro con MacIntosh, ci ripensò, poi lo suddivise in sequenze, analizzò ogni frase, ogni singola sillaba, passò poi ai gesti ed infine alla mimica facciale. Arrivato davanti alla casa rosa era ragionevolmente certo di aver fatto… come diceva Elie? Ah, sì, bingo!

Appena sceso dal bus –la cui fermata era a cento metri da casa- si lasciò andare ad un urlo liberatorio: una bella donna indiana in sari con i tre pargoli accozzati alla gonna lo guardò come se fosse pazzo, prima di riconoscerlo. La signora, infatti, viveva nella casa affianco a quella di Mama Lalin col marito e i quattro figli: la maggiore, gli parve di ricordare, era in classe con Sidney.

Roy le sorrise, offrendosi di portarle le pesanti borse della spesa, lasciandole le mani libere per prendere in braccio la figlia più piccola, una bimbetta di due anni e mezzo, che trotterellava mano nella mano col fratello di cinque. La donna gli sorrise, riconoscente.

La scortò fino a casa e depositò i pacchi in cucina, mentre l’indiana si scusava di non aver nulla da offrirgli. Il ragazzo le disse che non importava e, dopo averla salutata e aver lasciato una carezza sulle testoline dei bambini, s’incamminò verso casa. Entrò in casa, dove, come sempre risuonava la musica e si spandeva l’odore del pranzo già alloggiato sul fuoco, incrociando Perpétue, che lo salutò di fretta: era carica di panni, che portava in due bacinelle, una sul capo e una sottobraccio. Si chiuse nel sottoscala, che ospitava la lavatrice, borbottando qualcosa.

Uscì sul retro, seguendo la voce di Nelly, che canticchiava: la ragazza stava ballando, mentre stendeva le lenzuola, che profumavano di sapone di Marsiglia. Aveva le mani ancora un po’ arrossate, segno che le aveva lavate a mano, visto che la lavatrice, ormai da pensionare, non riusciva a reggere un tale carico. Fece una piroetta, poi si sfilò una molletta di bocca e pinzò il tessuto bianco, prima di alzare lo sguardo e sorridergli.

-Ciao! Com’è andata?- gli chiese, correndo ad abbracciarlo.

-Benissimo. Direi che sono piaciuto al capo.

-Ma certo che gli sei piaciuto: sei troppo intelligente e ganzo per non piacere!- lo rimproverò Nell, imitando i toni e i modi di Mama Lalin. –Allora stasera si festeggia!

-Naaa, Nelly, lascia stare. Non ho mica scoperto il rimedio alla morte.- disse il ragazzo, arrossendo imbarazzato.

-Ed invece sì! Sei stato bravissimo, ne sono certa, quindi stasera usciamo. Fatti bello, che ti pranzeremo nel posto più esclusivo del mondo.- annunciò Naëlle, e, al suo sguardo perplesso, ricambiò con un largo sorriso. –Ovviamente Burger King! Scusa, ma questo mese ancora non mi hanno pagata.- disse, accennando al suo vero impiego –infatti, quello presso la madre adottiva era solo un lavoretto part-time.

Roy rise, per poi aiutarla a stendere.

 

Uscirono abbastanza presto, usando la metropolitana per spostarsi: la macchina era stata requisita da Perpétue e Mama Lalin, che avrebbero dovuto presenziare ad una riunione genitori-insegnanti alla scuola di Maïté e Leehom.

Roy non si lamentò: gli piacevano i mezzi di trasporto Babbani, dove il continuo ricambio di gente gli garantiva un’ampia veduta sul mondo Non-Magico. Quella sera incrociarono parecchi campanelli di tifosi del Liverpool, che si avviavano chiassosamente ai pub per seguire la partita della loro squadra del cuore. Fecero lo slalom tra i passanti, fino al Burger King. Fu una serata tranquilla, mangiarono e parlarono, ma entrambi ne furono contenti.

Roy trovava Nelly sempre più carina. Era una ragazza… bella, sì, ma di un bello particolare. I tratti africani erano estremamente marcati, il naso tipico della gente di colore, le labbra grosse sempre piegate in un sorriso che metteva in mostra i denti bianchi e gli zigomi alti. I capelli erano legati in mille treccine, a loro volta legate in una coda. Erano gli occhi il dettaglio che più lo colpivano: erano irragionevolmente grigi, invece che scuri come ci si sarebbe aspettati.

-Nelly, posso farti una domanda?- chiese il ragazzo, ad un certo punto della serata.

-Cosa?

-Come mai hai gli occhi grigi? Nel senso, da quello che ho capito i tuoi sono di colore come te.

-Mio padre è decisamente più scuro di me.- disse la ragazza, frugando nella borsa e tirandone fuori una foto sgualcita: una coppia malvestita lo fissava. La donna –giovanissima, tra l’altro, dato che non dimostrava più di sedici anni- fissava l’obbiettivo con un’espressione di stanco disappunto, i capelli legati in tre trecce. Era piuttosto bassa e rotondetta e teneva in braccio un bambino sui due anni, vestito altrettanto male, con una canottiera e dei pantaloni dall’aria sdrucita e un’aria da fame. La ragazza indossava un vestito a fiori, i cui colori gli sfuggivano essendo la foto in bianco e nero e non portava le scarpe, i piedi sporchi di terra posati sulla strada appena battuta e polverosa. L’uomo era decisamente più alto e pareva anche meglio nutrito: era imponente, anche se i muscoli erano resi flaccidi dalla scarsa alimentazione. Aveva gli stessi tratti della figlia e i capelli parevano una palla di lana d’acciaio –che Roy aveva visto una volta sola, tra le esperte mani di Elie. Grossi baffi spioventi coronavano il suo aspetto estremamente serioso, sottolineato dall’espressione gelida con cui guardava il fotografo. Indossava una camicia malandata e dei calzoni rammendati e, come la moglie, non portava le scarpe.

-I tuoi genitori?

-Toussaint e Prudence.- disse Naëlle, annuendo. –E uno dei mie fratelli, Enock. Gli occhi grigi li ho presi da mia madre, che li ha presi da suo padre, che li ha presi da sua madre che era figlia di un francese, a quello che ho capito.

-Okay, mi sono perso a madre.- ammise Roy, facendola ridere.

-Lo so, ho visto la faccia che hai fatto.- rise divertita Nelly.

-Ehm, Nell? Tu quanti fratelli hai detto di avere?

-Tredici. Con me quattordici. Credo. I miei hanno perso il conto… ed in effetti non sanno dove sia ameno la metà di loro.- concluse la ragazza haitiana, triste.

-E non ne conosci nessuno?

-Di persona, solo due. Enock, è passato di qua mentre andava in Francia. È finito in galera per possesso e spaccio di droga. E un’altra, Jessyka, eravamo nello stesso orfanatrofio. Vive in Canada –è stata adottata da una famiglia di Ottawa-, studia come medico. Ma oggi dobbiamo essere allegri, è la tua giornata.- esclamò poi, riprendendo il sorriso, che però sapeva d’amaro.

Roy scrollò il capo. –No, continua. Mi interessa.

-Quindi vuoi sapere tutto di me, ma rimani abbottonato sulla tua misteriosa vita? Non vale.

-Bene, cosa vuoi sapere?- disse il ragazzo, alzandosi assieme a Nelly e andando a svuotare il vassoio.

-Uhm… sei figlio unico?- la ragazza aprì la porta del fast food, uscendo nella tenue oscurità delle prime ore della sera di Londra.

-Sì, purtroppo per me. Penso che mia madre volesse altri figli, ma mio padre aveva il suo erede e tanto gli bastava. Poi si è pentito quando ha capito che non avevo intenzione di seguire il suo volere. “Roger, sei un disonore per la nostra famiglia!”- tuonò il ragazzo, imitando il tono del padre.

Nelly rise. –Oddio… immagino che scenata quando hai deciso di venire in città.

-Be’, se ci fossi venuto come desiderava lui, con i suoi obbiettivi… ma quando ho comunicato al mio caro signor padre che cosa volevo fare… ti dico che non so come mai non sia crollata la casa, tanto urlava.

-Però, dev’essere di voce potente.

-E tu? So che hai un lavoretto, ma non ne parli mai.

-Ah, quello… lavoro in un supermercato. Sai, metto via soldi per l’università… mi piacerebbe andarci, davvero. Ma… non dirlo a nessuno, un po’ di quei soldi di mando a mia sorella Mathania, a Rouen. Ha problemi col marito e i figli e mi dispiace per lei. Non ci conosciamo, però siamo sorelle, significherà qualcosa? Lei poi si occupa anche di Enock e di Maneeya, la mia sorellina più piccola.

-Ammirevole. Dico davvero.- sussurrò Roy. Un’improvvisa brezza fresca fece rabbrividire Naëlle e il ragazzo le cinse le spalle, stringendola a sé.

-Grazie. Così, come dicevo, lavoro. Posso permettermi un anno di pausa, ho solo vent’anni, no?

-E poi che farai?

-Uhm… vorrei studiare qualcosa di utile. Magari aprire un ospedale o una scuola nel Terzo Mondo… o una casa per gli orfani. Non è divertente dormire su un cartone, o mangiare tirando fuori gli scarafaggi dal piatto. Vengo da un paese del genere, il novantotto per cento della popolazione non sa leggere e scrivere, le donne muoiono di parto… io sono stata fortunata, Mama Lalin mi ha presa con sé, ma chissà che fine hanno fatto gli altri miei fratelli. A parte Enock, Mathani, Eliezier, Bronte e Maneeya, gli altri sono stati sparsi per vari orfanatrofi… voglio essere utile agli altri.- concluse la ragazza, alzando lo sguardo alla luna.

Fanmi: Capitolo II

Rating: Giallo
Lunghezza: Long fic- 5 capitoli
Fandom/Sezione: Harry Potter
Genere: Sentimentale, Romantico, Triste, Death,
Avvertimenti: Bad Ending
Personaggi: OC -genitori di Dean Thomas-, Albus Silente, Fabian e Gideon Prewett
Coppie: Het


 

 

-Roy? Tesoro, vieni a letto.- Nelly era ferma all’uscio della stanza del bambino, stringendosi nella vestaglia azzurra che faceva uno strano contrasto con quella pelle scura come la notte. I denti bianchi spiccavano come sempre, esattamente come quegli strani occhi grigio verdi.

 

Aveva fatto come Mama Lalin gli aveva detto, raccattando le sue cose nel baule, ma aveva lasciato Darrell, il suo gufo, libero: l’avrebbe certamente trovato nel suo nuovo alloggio. Non sapeva se fosse saggio andare a vivere da dei Babbani, ma aveva in tasca pochi falci, non avrebbe potuto permettersi ancora per molto l’affitto della camera e finché non fosse stato preso al Ministero, rischiava davvero di dover passare la notte a dormire per strada. Considerato il clima di Londra, una sistemazione a casa della giunonica haitiana era decisamente meglio di una panchina ad Hyde Park.

Trascinò faticosamente il baule per un paio di kilometri –non ebbe il coraggio di usare il denaro che la donna gli aveva dato per il taxi… oltre al fatto che non aveva idea di cosa fossero- e ritornò al negozio. Dovette attendere qualche minuto: Nelly stava mostrando dei libri e delle candele a due ragazze sui quindici anni, vestite entrambi con quella che doveva essere un’uniforme scolastica. Da quello che riuscì a capire, le due volevano creare un filtro d’amore e alla fine la giovane commessa impacchettò tutto l’occorrente. Rabbrividì: chi era così folle da voler imbottigliare l’amore? L’ Amortentia, anche nel mondo della magia, era vista come qualcosa di contro natura.

-Ma, badate bene, i filtri d’amore sono incredibilmente potenti e pericolosi.- disse Naëlle, facendosi scura in volto mentre porgeva alle clienti il sacchetto –Imbottigliare l’amore è difficile e anche nel caso in cui ci riusciate, non sarà mai vero amore.

Le due l’ascoltarono scocciate, prendendo i loro acquisti ed andandosene.

-Spero seriamente che non facciano danni.

-Ma tu non hai detto di non credere alle streghe?- chiese Roy, avvicinandosi al bancone.

-Sono nata ad Haiti. Io non credo nelle streghe da cartone animato, ma alla magia sì e credimi, ho visto gente fare malefici che sono risultati essere reali. Probabilmente ti sembrerò la classica negretta superstiziosa, eh?- rispose la ragazza di colore.

-No.

-Mama Lalin mi ha detto che vieni a vivere da noi. Preparati, sarai l’unico bianco.- ridacchiò Nelly, sistemando una statuetta rappresentante una bellissima donna con una lunga veste colorata di blu e un ventaglio finemente intagliato. Il suo viso era pace e tranquillità, sotto il ricco copricapo azzurro.

-Chi è?

-Yemaja. Una dea voodù: da una parte, è una dea buona e misericordiosa, dall’altra è la signora della distruzione. In parole povere: è una donna di carattere.

Roy pensò ad un paio di sue vecchie compagne di scuola e non poté che convenire: una donna poteva essere una creatura angelica, ma anche la peggiore delle nemiche.

-Dov’è Mama Lalin?

-Di là. Mi ha detto che chiuderà lei, stasera, io ti porto a casa. Cavolo, e quella sarebbe la tua valigia? Prenderemo un taxi, perché prendere la metro la vedo davvero dura. Fammi prendere la giacca e la borsa.

Corse dietro il bancone, prese il giubbetto di jeans e la grossa borsa etnica, poi chiuse la cassa e nascose la chiave in un libro cavo all’interno. –Pronta, andiamo. Mama Lalin, noi andiamo! Ci vediamo a casa!

Non attese la risposta della donna: uscì, aiutando Roy a trascinare il baule. Il mago rimpianse la sua bacchetta, ben nascosta in tasca.

-Uff, ma che c’è qua dentro? Piombo?! Vabbè, fammi fermare un taxi, va.- disse Naëlle, sporgendosi dal marciapiede e facendo segno a una macchina nera di fermarsi. Questa accostò e l’autista scese. Scambiò qualche parola con la ragazza, aiutandola a caricare il baule, poi tutti salirono in auto.

Roy non prestò attenzione alle chiacchiere del taxista e di Nelly, osservando il paesaggio che scorreva fuori dal finestrini: e pensare che i Serpeverde, in particolare quelli che speravano di essere reclutati nelle file dei Mangiamorte, affermavano che i Babbani fossero primitivi! Invece questi se la cavavano benissimo pure senza magia, anzi, avevano sviluppato un certo ingegno. Rimpianse di non aver frequentato il corso di Babbanologia, invece di Antiche Rune. Più osservava il mondo Babbano, più ne rimaneva piacevolmente colpito.

Il ragazzo nemmeno s’accorse d’essere arrivato: solo quando la portiera si aprì, capì che il viaggio era finito. Scese, guardando Nelly, che gli indicò la casa davanti a loro: il giardinetto anteriore era ben tenuto, c’erano fiori colorati ovunque e l’edificio era stato tinto di un rosa tropicale, a differenza del color mattone delle case vicine. La porta e gl’infissi erano bianchi e due sdraio di vimini erano state piazzate accanto ad un contorto alberello. Su di esse, due ragazze stavano prendendo il sole, ascoltando musica da uno strano aggeggio, mentre due bambini giocavano a pallone.

-Maïté, Leehom, entrate dentro. Avete preparato la cena?- chiese Naëlle. Una delle due ragazze, con una gran chioma di capelli ricci e crespi, si tolse gli occhiali da sole, accavallando le lunghe gambe scure.

-Tocca a Perpétue. E questo chi è?

-Leehom, la buona educazione. Entrate, poi ve lo presento. Scusala Roy, Lee non sa cosa sia la buona educazione. Sidney, Joel, a lavarsi le mani, ora.- disse, rivolgendosi ai due bambini, che non dovevano superare i dodici anni. –Elie è già tornato? Chiamatelo e ditegli di portare dentro sto baule, io sono morta…

Roy la seguì, intimorito, dentro casa, che pareva un incrocio tra un mercatino delle pulci e una mostra di arte etnica: ovunque c’erano stoffe, tappeti, cuscini, quadri, maschere; un vecchio stereo faceva risuonare le stanze del suono vibrante dei Caraibi e ovunque si spandeva il profumo della cena, proveniente dalla porta in fondo al corridoio. Dal piano superiore comparve un ragazzone alto e grosso, che indossava una canottiera e dei calzoncini strani –da basket, gli sussurrò Nelly-.

-Nanou, che vuoi?- disse quello che, evidentemente, doveva essere Elie.

-Visto che ti piace fare il macho, fuori hai da lavorare: fila.- gli ordinò, prendendo per mano Roy e portandoselo appresso in cucina, mentre il giovane uomo la mandava al Diavolo, per poi correggersi, borbottando che nemmeno il demonio se la sarebbe presa, quella serpe.

La stanza era abbastanza piccola e stretta, una parete totalmente occupata dalla mobilia e gli elettrodomestici, mentre all’altra era appoggiato un piccolo tavolo dal piano in formica. Ai fornelli vi era una ragazzetta minuta e paffutella, i capelli stranamente lisci legati in uno chignon e un gran grembiule verde macchiato. Stava controllando il contenuto di una pentola, fischiettando il motivetto della canzone.

-Ah, ciao Nanou!- disse la ragazza, voltandosi e sorridendo. –Abbiamo ospiti o Mama Lalin ha raccattato un altro trovatello? Questo però mi sa che l’hanno passato in candeggina.- e concluse con una gran risata.

-Divertente, Toutou. No, è Roy. Mama gli ha offerto un posto qua.- rispose Nelly, alzando il coperchio di una pentola. –Pollo alla noce di cocco! Perpétue, sai che ti amo alla follia, vero?- disse, dando un bacio alla ragazza –che pareva più vecchia di Naëlle.

-Sì, sì Giuda, vai va. Fa vedere a questo poverino la sua stanza. E, Roy? Benvenuto. Fra dieci minuti è pronta la cena, dite ai bambini di lavarsi le mani.- e così Perpétue li congendò, riprendendo a canticchiare. – Au clair de la lune, dans la forêt endormie,des ombres félines se dessinent par magie, comme dans les, comme dans les, comme dans les tableaux du Douanier Rousseau !*

Salirono le scale, trovandosi davanti ad un corridoio stretto. –La casa l’ha fatta costruire Mama anni fa, è un po’ stretta, ma ci si sta bene. Il problema è che c’è un solo bagno. Questa è la stanza di Sidney e Joel, questa quella di Maïté e Leehom, qua ci dormo io con Perpétue. Elie vive con la sua ragazza, ma passa tutto il tempo qua, il mangiapane ad ufo. Tu dormirai nella sua vecchia stanza, questa.- disse la giovane, aprendo la porta successiva a quella della sua stanza. –Quella di fronte è la stanza di Mama Lalin. Il bagno è la porta appena salite le scale, e giù, di fianco al salotto,ci sono i servizi.

Roy annuì, guardandosi attorno: non era una stanza particolarmente grande, ci stava giusto un letto, una scrivania e una cassettiera. Alle pareti, tinte di un azzurrino carta da zucchero, c’erano alcune mensole e accanto alla finestra era appeso un poster. Come aveva già notato, i poster e le foto Babbane non si muovevano.

Certo, la camera non era enorme, ma sembrava confortevole.

-Posso farti una domanda, Nelly?

-Cosa?- chiese la ragazza, tirando fuori dalla cassettiera lenzuola e coperte e affaccendandosi attorno al letto.

-Ma… siete tutti fratelli?- chiese, riferendosi alla truppa di ragazzine e bambini appena conosciuti.

-Eh?! Ma va! Ma che fratelli! Vedi, noi siamo nati tutti ad Haiti. È un paese povero e ci sono tanti orfani: Mama Lalin, ma non dirlo a nessuno, non poteva avere figli, e così ci ha adottati. In realtà ne ha adottati tanti altri, ma ormai sono grandi e vivono per conto loro. Hanno formato delle famiglie e molti hanno anche un buon lavoro –solo uno di noi è finito in gattabuia- ma nessuno si dimentica di Mama. Le dobbiamo tutto: ci ha tirati fuori dall’orfanatrofio, ci ha dato un tetto, un letto e tre pasti al giorno, ci ha vestiti e ci ha mandati a scuola. Se non fosse stata così buona, avremmo fatto tutti una brutta fine: saremmo morti di fame, o di malattia. Io sono arrivata qua quando avevo dieci anni, i miei genitori mi hanno messa in orfanatrofio quando ne avevo due. Questa, fino a prova contraria, è la mia unica famiglia.- si sentì rispondere. Naëlle si sedette sul letto, lo sguardo perso nel vuoto.-Naëlle me l’hanno dato le suore dell’orfanatrofio. Mama Lalin, anni fa, ha trovato la mia famiglia e ha chiesto di me. Hanno avuto tanti di quei bambini che non si ricordavano nemmeno di me, ma credono che io sia Taïna, la loro quinta o sesta figlia… in tutto ho tredici fratelli. Vabbè, ora che ne dici di scendere a cena?- gli chiese, scattando in piedi e sorridendo, allegra.

Roy annuì, seguendola. Maïté, la ragazzina che prendeva il sole assieme a Leehom, paffuta e bassa, più chiara di carnagione rispetto alle altre, arrossì, quando lo vide, e chiese qualcosa a Nelly in una lingua strana. La ragazza scrollò il capo, prendendo al volo Sidney, che le saltò in braccio.

La cena era stata apparecchiata fuori: un grosso tavolo era stato portato nel giardino sul retro, all’ombra di un alberello, e sopra vi era stata accomoda una tovaglia a fiori, piatti, bicchieri, posate e tovaglioli. Mama Lalin era già seduta a capotavola, mentre Perpétue ed Elie portavano fuori le pentole stracolme.

La giunonica capo clan allargò le braccia, quando lo vide uscire di casa. –Roy! Benvenuto nella nostra casa! Vieni caro, siediti accanto a me.- disse, accennandogli alla sedia alla sua sinistra.

Nelly si sedette davanti a lui, mentre il posto alla sua destra venne occupato da Perpétue, che scoperchiò le pentole: una era ricolma di riso bianco, soffice e fumante, una seconda traboccava di pollo dal profumo esotico, nella terza c’era un misto di verdure e crocchette che non seppe riconoscere. Tutti si servirono, mangiando e parlando rumorosamente, ma il giovane estraneo rimase in silenzio.

Il cibo era ottimo: il riso era davvero soffice, con una consistenza strana, quasi untuosa, ma che scendeva giù per la gola che era un piacere, il sapore del pollo era ricco e il sughetto –al cocco, gli sussurrò Perpétue- era  dolce quel che bastava per esaltare la carne, ma non abbastanza per nauseare, le verdure fritte erano deliziose e nemmeno piene d’olio come si aspettava. Anche la compagnia gli parve perfetta: abituato alla seriosità composta della sua famiglia, mangiare in compagnia, fin dal primo giorno ad Hogwarts, era stato un momento gioioso. Ascoltò ogni conversazione, riuscendo a raggranellare un cospicuo insieme di informazioni: Elie e Perpétue era davvero fratelli, mentre la sorella maggiore di Leehom, Leïla, che era stata anche lei adottata da Mama Lalin, ora viveva in Francia col marito. Elie aveva già ventisette anni, mentre Perpétue ne aveva ventotto, Leehom e Maïté frequentavano le scuole superiori –ma non aveva idea di che cosa fossero- e Sidney era il più piccolo degli adottati, coi suoi otto anni.

Probabilmente, nel giro di pochi mesi sarebbe arrivato un nuovo bambino ed in casa si litigava: da un lato chi desiderava un fratellino e dall’altro chi desiderava una sorellina.

Scoprì anche che Mama Lalin aveva avuto in adozione o affidamento moltissimi bambini, una dozzina in tutto: a volte, alcuni suoi conoscenti le mandavano il figlio di una sorella o di un cugino, magari uno particolarmente brillante o cagionevole di salute o una bambina particolarmente ubbidiente o bella, perché potesse studiare e la donna si prendeva cura di loro come fossero figli suoi. Ricordava il nome di ognuno di loro e dei loro figli, anzi, ricordava ogni singolo dettaglio sui bambini che erano passati per quella casa.

Come gli disse, ridendo, i primi tempi Nelly, poco abituata a mangiare regolarmente, s’ingozzava velocemente, nel terrore che qualcuno potesse portarle via il piatto da sotto il naso, per poi vomitare l’anima, lo stomaco troppo striminzito e abituato al digiuno per sopportare un tale carico. Elie, invece, che aveva otto anni, quando era arrivato, non sapeva leggere e scrivere ed insegnarglielo era stato un incubo.

La serata si protratte finché Sid non di addormentò.

Tornarono in casa e Naëlle gli diede la buona notte, prima di chiudersi in camera con Perpétue.


NdA

La canzone è “Vive le Douanier Rousseu” de La Compagnie Créole.

Fanmi: Capitolo I

Rating: Giallo
Lunghezza: Long fic- 5 capitoli
Fandom/Sezione: Harry Potter
Genere: Sentimentale, Romantico, Triste, Death,
Avvertimenti: Bad Ending
Personaggi: OC -genitori di Dean Thomas-, Albus Silente, Fabian e Gideon Prewett
Coppie: Het


 

Una giostrina con le apette che girava sospesa sulla culla. Foto fisse, i cui personaggi non si muovevano, ma sorridevano, statici. Si avvicinò alla culla, scostando le tendine e guardando il bambino.

Paffutello, la pelle scura e i ricciolini neri, dormiva pacifico, la boccuccia socchiusa e una manina sul viso.

 

La Londra babbana era strana. Non sembrava nemmeno reale: pareva il frutto di un’immaginazione troppo fervida, dell’incantesimo di un mago folle. E la calca! Ma quanti erano i babbani?! Molti più dei maghi, di sicuro, ma non pensava che fossero così tanti! E quasi tutti vestiti uguali, i visti dipinti, strani cappelli e bandiere ovunque.

Forse, stare sulla strada non era una buona idea, si sentiva così a disagio… si guardò attorno, adocchiando un negozietto che gli parve un luogo sicuro e abbastanza tranquillo per aspettare che quel fiume umano in piena diminuisse di potenza –insomma, prima o poi tutta quella gente avrebbe dovuto ritirarsi nelle proprie case e negli uffici, no?

Diede solo un rapido sguardo all’insegna polverosa e alla vetrina sporca ed entrò. All’interno c’era poca luce e tutto sembrava ancora più oscuro a causa dei mobili e del parquet di legno scuro, della carta da parati anch’essa scura e delle pochissime luci. Che i babbani non sapessero creare la luce?

L’aria era pesante, un miscuglio di odori diversi, che non sapeva ben definire e ovunque c’erano cose strane: candele dalle forme bizzarre, alcune dalla forma di donna, altre erano uomini di cera rossa, altre teschi neri; retine piene di piume, palline di legno e conchigliette,mazzi di erbe appese a seccarsi, pelli di serpente, animali mummificati, conchiglie, legnetti, incensi sfusi, resine,carboncini piume, artigli, denti, polveri strane, essenze, pupazzetti pieni di spilli… che fosse il negozio di un alchimista?

Prese un libro da uno scaffale, leggendone il titolo: “Il Terzo occhio”. Un altro parlava di Chakra –che diamine era?, si chiese- un altro di visualizzazione positiva.

-Hey amico!

Si voltò, preso in contropiede da quella voce femminile. Pensava di essere solo, ma si era sbagliato. Dietro al bancone, nell’angolo più buio del negozio, una ragazza lo stava osservando attentamente. Era una giovane donna di colore, i tratti grossi tipici degli africani –e ne aveva visti parecchi, per strada- e i capelli legati in mille treccine, piene di perline. Portava una maglietta strana, coloratissima, e aveva il viso appoggiato alle palme delle mani. Le braccia erano piene di braccialetti e alle orecchie facevano bella mostra di sé vistosi orecchini d’oro e perline. –Se cerchi roba seria sulla magia, evita quella robaccia New Age, sono un mare di cavolate.- continuò la ragazza.

-No, no, non stavo cercando nulla. Sono qua per caso.

-Amico, come dice sempre Mama Lalin, non succede mai nulla per caso.- gli venne risposto. La ragazza uscì da dietro il bancone, avvicinandosi e prendendogli di mano il libro. –Ti dico un segreto. Tu li sai tenere, vero? I libri con le copertine nuove, troppo colorate o troppo seriose sono dei bidoni. Se cerchi roba seria, devi parlare con Mama Lalin.

Il ragazzo annuì, cercando di seguire il discorso della ragazza. Così, quello era un negozio magico? Fuori da Diagon Alley?

-Ma tu sei una strega?

-Eh?- chiese la ragazza, guardandolo strano, prima di mettersi a ridere. –Ma va! Mica esistono le streghe! Oddio… qualche dubbio mi viene, con Mama Lalin… quella ne sa una più del Diavolo, dicono che sappia fare il malocchio a persone che vivono addirittura su un altro continente.

-Eh, già, che scemo. Non esistono le streghe…- borbottò il ragazzo, a disagio. Odiava dover mentire, ma i Babbani non dovevano sapere dell’esistenza dei maghi.

-Comunque, io sono Naëlle Poitier.

-Ah… Roy Logan, piacere.- le risponde, stringendole la mano magra e affusolata, quasi ossuta. Naëlle sorrise.

-Puoi chiamarmi Nelly. Allora, cosa porta una persona ad entrare per caso nel negozio meno appariscente di tutta Londra?- chiese la ragazza, rimettendo a posto il libro e sistemando meglio le candele blu nel loro espositore.

-C’era troppa gente per strada… ma è sempre così?!- chiese.

-Ah, capito, sei nuovo di qui, eh?- Nelly lanciò un’occhiata ai suoi vestiti. Forse, si disse Roy, non era così bravo a travestirsi da Babbano. –Decisamente sei nuovo di qua. Tranquillo, è che il Manchester City gioca contro il Chelsea… stasera ci conviene star in casa, gli hooligans si daranno alla pazza gioia.- sospirò la ragazza. –Dove alloggi? Sei appena arrivato a Londra?

-Ehm… sto in una taverna, vicino alla stazione. Sono appena arrivato dalla Scozia.

Naëlle sorrise, scrollando la testa e accendendo la luce. Roy dovette schermarsi gli occhi, ormai abituati alla semi oscurità, con una mano. –Scusa, ma Mama Lalin ha la fissa di tenere il negozio al buio. Dice che da un’aria più mistica, in realtà non vuole pagare le bollette. Ma visto che lei non c’e, -sta contrattando il prezzo di un carico di una qualche erbaccia- io l’accendo e tanti saluti.

Roy fissò a lungo la lampadina, chiedendosi se i Babbani e i maghi discendessero davvero dalla stessa specie.

 

Era tornato al negozio –che aveva scoperto chiamarsi “L’anto di Mama Lalin”- il giorno seguente. Aveva subito salutato Nelly, che era indaffarata a sistemare la merce sugli scaffali.

-Ma che schifo… rospi in salamoia… ba’, questi vanno in retrobottega, gli hippie non li comprano.- borbottò l’haitiana, osservando con ripugno due grossi barattoli in cui nuotavano diversi rospetti immersi in un liquido verdastro.

-Non fanno così schifo.- intervenne Roy, abituato da anni di Pozioni nei sotterranei di Hogwarts ad ogni sorta di ingrediente, da innocue radici, a bacche velenose a zampe di ragno a bile di armadillo.

Naëlle gli riservò uno sguardo dubbioso. –Sì, come no. Puoi mettere questo là in alto? Non ci arrivo.- gli disse, porgendogli un mazzolino di fiori spinosi, legato con un filo nero.

-Cos’è?

-Un mazzolino per il malocchio. Mama Lalin dice che è roba pericolosa, quindi bisogna tenerla in disparte, prima che la prima studentessa in crisi ormonale che passa decida di creare un casino di proporzioni bibliche.- gli venne risposto. Il mago sistemò i mazzolini e mentre si apprestava a porre un’altra domanda a Nelly, Mama Lalin fece il suo ingresso in negozio dal retrobottega.

-Naëlle! Dove sono le mie radici di erba del Diavolo?!- si lamentò la donna, prima di squadrarlo. –Aaah, abbiamo un nuovo amico, eh?- esclamò la padrona del negozio, avvicinandosi.

Mama Lalin, nata come Genèse Mathurin, era una giunonica donna haitiana che aveva di certo passato la mezz’età, ma sul cui viso le rughe parevano aver battuto la ritirata. I tratti erano spiccatamente africani, come quelli di Nelly e i capelli, tagliati corti, erano nascosti da un foulard che le avvolgeva il capo come una sorta di turbante. Indossava un variopinto abito lungo, che mal celava le curve da Venere di Willendorf: i seni erano nascosti malapena dalla scollatura della camicetta bianca, mentre la gonna accarezzava i fianchi enormi. Ai polsi e alle caviglie portava decine di bracciali, le dita erano coperte di anelli e ai lobi erano appesi grandi pendenti, mentre il collo grassoccio e il petto spazioso erano decorati da decine di collanine, alcune di perline di vetro, altre di conchiglie e legno, con appesi strani amuleti, altre d’oro con medagliette di chissà quale santo.

Ad ogni passo, il corpo grasso tremolava come un budino e ad ogni sorriso, i denti bianchi splendevano di luce propria. Nonostante fosse in Inghilterra da molti, moltissimi anni, aveva ancora uno spiccato accento creolo e si vestiva come se non avesse mai lasciato Porte-au-Prince.

-Allora, Nanou, non mi presenti il tuo amico?- chiese Mama Lalin, con un’espressione fintamente scocciata.

-Certo, matant. Lui è Roy Logan. Roy, lei è Mama Lalin, la più grande sciamana voodù da qua alla Luna.

-Oh, cara, così mi fai arrossire. Vieni ragazzo, vieni. Tu mi sai di qualcuno che ha bisogno di aiuto, e pure tanto. Vieni di là con me. Nanou, finisci qua, poi raggiungici, che un po’ di te farà bene pure alle tue ossicina rachitiche. Ah, ma quando metterai su un po’ di peso? Una donna in carne è una donna bella.- disse l’abbondante sciamana, prendendo sottobraccio Roy e portandoselo nel retrobottega.

Il locale era decisamente differente da come il giovane mago se lo aspettava: il muro era stato tinteggiato di un giallo chiaro, che dava un’impressione di calore e allegria, i mobili erano di legno chiaro e ovunque erano appesi quadri di paesaggi tropicali e maschere tribali. Un caminetto, incassato nella parete opposta alla porta, era accesso e sul fuoco un vecchio bollitore scoppiettava allegro. Sul tavolo c’erano già tazzine, teiera, bricchetto per il latte, zuccheriera e biscottini, assieme a diversi mazzolini di erbe, radici, fiori, foglie e mortai di varie misure.

-Scusa il disordine, caro, ma appena ho avvertito la tua presenza sono dovuta venire a conoscerti per forza. Che onore, che uno di voi sia entrato nel mio negozio. Non capita spesso, sai? Ma vieni, siediti. Un biscotto? Ah, ma voi giovani amate il digiuno o cosa? Su, mangia benedetto ragazzo.- gli ingiunse la donna, mettendosi poi a trafficare con il bollitore di rame.

-Mi scusi… lei è una strega?- chiese Roy, timidamente.

-Io? Oh, no, no. Non ho questa fortuna. Diciamo che so tante cose, ecco. Ma tu, ragazzo. No, io li riconosco, quelli come te. Sentiti libero di venire quando vuoi. Dove alloggi?

-In un alberghetto…

-E non hai parenti, qua a Londra?- alla risposta negativa del giovane, Mama Lalin sorrise, materna –Ma caro, non puoi certo vivere per sempre in una stanza! Facciamo così, va a prendere le tue cose, casa mia ha un posto libero.

Roy non provò nemmeno a ribattere: qualcosa gli diceva che contro Mama Lalin, nemmeno Voldemort avrebbe avuto possibilità.


 

Note di autore

Anche nella serie di HP, la reale identità del padre di Dean Thomas è sconosciuta: si presume che sia un mago, ma ha lasciato la famiglia quando Dean era molto piccolo. Di sua madre, invece, si sa solo che era una Babbana, ergo si tratta di due miei OC.

Fanmi, in creolo haitiano, significa famiglia.